
Il quesito di come vada trattata una fattura estera emesse da fornitore UE o extra-UE, recante una partita IVA italiana, era già emerso in sede di compilazione dell’Esterometro.
Si tratta dello specifico caso in cui un soggetto estero sia identificato tramite rappresentante fiscale in Italia, casistica abbastanza frequente in caso di acquisti su internet, ad esempio acquisti effettuati tramite marketplace più o meno noti.
Questi soggetti emettono una fattura UE o extra-UE, sulla quale non sarà evidenziata l’imposta, ma che presenta la partita IVA italiana del soggetto emittente.
Per il committente italiano sussiste quindi l’obbligo di assolvere l’imposta in Italia, applicando il meccanismo del reverse charge: con l’integrazione della fattura estera in caso di fornitore UE, oppure, con l’emissione di autofattura in caso fornitore extra-UE.
In base alla casistica sopra citata, il committente italiano dovrà emettere un documento elettronico in formato xml utilizzando i tipi documento previsti nelle ordinarie operazioni con l’estero:
- TD17: per l’acquisto di servizi, da fornitore UE e extra-UE;
- TD18: per l’acquisto di beni, da fornitore UE (o extra-UE identificato in altro paese UE);
- TD19: per acquisto di beni, da fornitore extra-UE per merci già presenti in Italia.
In questo caso però va sottolineato che, dato che i codici TD17, TD18 e TD19 sono stati creati specificatamente per operazioni con l’estero, il sistema di interscambio segnalerà come errore l’inserimento del numero di partita IVA italiana nel campo identificativo del fornitore.
Uno dei suggerimenti per ovviare al problema è quello di indicare sul campo dell’identificativo fiscale del fornitore, al posto della partita IVA italiana, un codice attribuito dal paese d’origine, in mancanza del quale sarà possibile utilizzare un codice convenzionale.